Abituati come siamo a vedere i trabocchi adibiti a ristorante, può succedere di non sapere o di dimenticare quale fosse la loro funzione. Diventati oggi una grande attrazione turistica, la loro origine si perde nella notte dei tempi. Come sentinelle ancorate sul mare, i trabocchi, con le loro “antenne” protese tra cielo e acqua, erano, in realtà, vere e proprie macchine da pesca. Così scriveva D’Annunzio nel Trionfo della morte: “La grande macchina pescatoria composta di tronchi intrecciati, di assi e di gomene… pareva vivere di una vita propria, avere un’aria e un’effigie di corpo animato”. Qualcuno riesce ad animarli ancora oggi, utilizzandoli in parte nella maniera originaria, attraverso l’adozione di varie tecniche di pesca: che si utilizzino ceste, bilance, o reti più piccole, infatti, è così, pescando, che il trabocco vive la sua vera vita, quella per la quale è stato “poggiato” sul mare, ravvivato da uomini che hanno nei colori del mare il proprio cuore.